Sanremo 2025: 4 Aspetti Curiosi (per non dire Controversi) della Comunicazione del Festival

Il Festival di Sanremo, lo sappiamo, non è più solo un evento televisivo: è un fenomeno mediatico che si sviluppa sopra il palco dell’Ariston, ma anche e soprattutto al di fuori. Ho osservato l’edizione 2025 con particolare attenzione alla sua comunicazione, soprattutto quella che ha preso vita tra conferenze stampa, talk al Dopo Festival, interviste e sui social. Ecco alcune impressioni, con un finale aperto alla vostra libera interpretazione. 

N.B. Non inserisco immagini a supporto di questo articolo perché voglio che siano la vostra memoria e le suggestioni visive lasciatevi da questo Festival a guidarvi.

Indice

1. L'Auditel: Facciamo Bene i "Conti"

Partiamo con il digitale che entra di diritto nel meccanismo del calcolo dell’audience. La “Total Audience”, a partire da quest’anno, tiene conto anche delle visualizzazioni da tablet, pc, smartphone, gli ascolti VOD (video on demand), e le visioni TSV (Time Shifted Viewing). Cosa significa questo? Che oltre ai circa 45 milioni di televisori presenti nelle case degli italiani, vengono considerati anche circa 75 milioni di cosiddetti “small screens” (chi non si è collegato a Rai Play per registrare meme in tempo reale?).

Marcello Ciannamea, direttore Intrattenimento Prime Time della Rai, spiega a tal proposito: “La comparazione con i Festival precedenti non è possibile per il sistema di rilevazione nuovo. È un modello totalmente diverso, non si può dire se è vantaggioso o meno”. Si direbbe una mossa astuta per evitare paragoni scomodi con edizioni precedenti, e soprattutto con direttori artistici precedenti. Eppure i paragoni vengono fatti lo stesso (almeno finché fanno comodo), in particolare rispetto al 2024. La dirigenza Rai durante le conferenze stampa si è impegnata a sottolineare con orgoglio il successo di ascolti rispetto all’anno scorso. Un successo che, ci tengono a dirlo a più riprese, è stato ottenuto “evitando le polemiche” (tornerò sul punto del “senza polemiche” più avanti).

Lo share è in aumento, sì, e lo è in particolare sui giovani, ma ad esempio il numero effettivo di spettatori della finale è sceso di circa un milione rispetto al 2024. Un dato che, quando viene fatto notare da un giornalista in conferenza stampa il 16 febbraio 2025, viene prontamente snobbato da Carlo Conti con una risposta svincolante e non approfondita da altri: “Sì, forse le persone che guardavano la finale erano un po’ meno perché mi hanno fatto fare più tardi di quello che avrei voluto”. A voi le considerazioni.

2. Il Festival "Senza Polemiche"

Un mantra di questa edizione ripetuto fino allo sfinimento nelle conferenze stampa è stato: “Sanremo 2025 è sicuro e senza polemiche”. Tra tutti, il sindaco di Sanremo Alessandro Mager sembra andarne particolarmente fiero: peccato che, almeno relativamente al tema della sicurezza, un attore complice di Striscia la Notizia sia riuscito a infiltrarsi nella zona rossa di Sanremo armato di un coltello. Ma vabbè.

Per quanto riguarda il capitolo polemiche, beh certo: apparentemente non ci sono state troppe polemiche.

Sarà che il leggendario rigore con cui Carlo Conti teneva a rispettare la scaletta, provando addirittura ad anticiparla laddove possibile nel suo andare a velocità 2x, non lasciava spazio (intenzionalmente?) davvero a nessun imprevisto o scambio fastidioso. Da questo punto di vista, l’avvicendarsi di un considerevole numero di co-conduttori durante le 5 serate del Festival sembra esser stato il modo perfetto per evitare che qualcuno potesse prendersi troppo tempo per esporsi (meno male che almeno Geppi Cucciari ha le sinapsi così attive da esser riuscita a fare satira nei pochi secondi di co-conduzione che le sono stati concessi). Comunque, in realtà, di cose controverse ce ne sono state.

Basti pensare al caso Tony Effe, a cui a pochi attimi dall’entrata in scena viene vietato di indossare la collana perché, anche senza marchio esposto, “è riconducibile a un famoso brand” (e sia mai che si facciano proprio le stesse polemiche delle edizioni più recenti del festival: il ballo del qua qua e il neo-account social di Amadeus vi ricordano qualcosa?).

A tal proposito, curioso che Conti, in conferenza stampa, quando gli viene chiesto da un giornalista se è a conoscenza della shitstorm fatta partire dal rapper con la story in cui scrive “Se stasera mi tolgono i gioielli sali tu a cantare @carloconti.tv”, dica di essere totalmente “a-social” (Conti si limiterà a rispondere qualcosa del tipo “queste dinamiche sono semplicemente come i manifesti di dissenso che si appendevano al tempo di Baudo per la città: spingono le persone a sedersi sul divano la sera, davanti alla TV, e a guardarsi il Festival, quindi bene”). Dico curioso perché lo stesso Conti proverà, poi, di conoscere benissimo il mondo social, quando una giuliva Alessia Marcuzzi lo inviterà a dare vita ad un meme in diretta durante la finale. Anche perché Carlo Conti un account Instagram ce l’ha: voi ve ne eravate accorti? Io no, ma in effetti durante i giorni del festival il direttore artistico non ha cavalcato l’hype come il suo predecessore ora approdato al tasto 9 del telecomando. No, meglio evitare le polemiche.

Se ci avete fatto caso, poi, Conti sembrava particolarmente seccato nel fare quel meme con la Marcuzzi: e di meme, in effetti, questa edizione del Festival è stata generalmente molto carente. Al gran numero di momenti divertenti degli scorsi Sanremo sono stati sostituiti vari momenti improntati alla commozione: ci viene facile ricordare Fedez turbato a più riprese, la Clerici che piange per Frizzi, il bambino emozionato della performance con Damiano David e Borghi, la Michielin che piange a fine esibizione, Cristicchi che si commuove e che fa commuovere Gabriele Corsi (ma anche praticamente tutta la platea durante la prima esibizione, e le telecamere ci tengono a farcelo sapere), Giorgia in lacrime al momento del conferimento del premio Tim. Lo stesso Conti, che si fa facilmente ricordare per la sua disciplina, in conferenza stampa si commuove parlando della mamma. E quando c’è una tale quantità di occasioni per emozionarsi, l’empatia silenziosa non può che fregare il posto alle polemiche rumorose.

Forse è stato sempre per non creare occasioni di dibattito che il direttore artistico non ha invitato al Festival i suoi “fratelli”, Pieraccioni e Panariello: non sia mai venga tacciato di nepotismo. Meglio, magari, lasciare i bimbi a Panariello così fa da babysitter, e soprattutto non gli rallenta la scaletta. E poi Pieraccioni il lunedì successivo al Festival fa gli anni, avrà il compleanno da preparare (queste sono cose di cui veniamo puntualmente messi al corrente in conferenza stampa). A proposito di inviti, ma voi avete per caso sentito dibattiti sui cachet quest’anno? Io nessuno.

Comunque, di cose controverse successe in questi giorni sanremesi ce ne sarebbero tante: il management di Martà Donà che ha curiosamente vinto 4 degli ultimi 5 festival (3 cantanti avevano addirittura lo stesso numero al televoto, un livello di probabilità che neanche al Superenalotto); le “ali” di Katya Follesa tarpate da un grassofobico Conti; il duetto per la pace tra l’iraniana e la palestinese che in realtà è un’altra iraniana; il televoto che, come nel 2024, non ha funzionato benissimo; Geolier che, col sistema di voto attuale, l’anno scorso avrebbe vinto; Rocco Hunt e Roccaraso; il premio Tim di consolazione a Giorgia, che è testimonial Tim nella campagna “La Forza delle Connessioni”.

Insomma, sembra che le polemiche facciano sì il loro sporco dovere nel sottobosco dei social e del chiacchiericcio satellite (ricordiamoci che, sui social, questo è stato un Festival all’insegna del dissing da molti mesi prima del suo inizio, quando si è saputo che avrebbero partecipato sia Tony Effe che Fedez) ma finché non se ne parla troppo in TV, la polemica semplicemente non esiste. Pensate voi, anche un personaggio controverso e divisivo come Fedez, all’improvviso, merita tutta la nostra comprensione, per non dire la beatificazione. Tutto nel nome del Festival della “normalità”, della “pacificazione”, ma anche del “Dio, Padre e Famiglia”. E qui veniamo al punto successivo.

3. "Sanremo Ha Fatto Anche Cose Buone", Ma Forse Non Queste:

Sì, questo Festival di Sanremo ha fatto anche cose buone. Ma forse non queste che vi elenco (qualcuna sicuramente mi sarà sfuggita):

  • Tony Effe che rinnega la trap, una sera ripulito dai tatuaggi, una sera addirittura con il crocifisso in mano (mi segnalano che potrebbe rappresentare, quella del crocifisso, una ripicca per l’affaire della collana, del tipo: “voglio vedere se questo ora me lo togliete”)
  • Achille Lauro anche lui ripulito e sobrio come un maggiordomo
  • Damiano che viene come Damiano, non come Maneskin
  • il Papa
  • Conti che in conferenza stampa dice di essere cattolico e di amare la parabola del figliol prodigo, sottolineando il ruolo genitoriale come decisivo nell’educazione dei figli
  • Bianca Balti, la mamma guerriera esempio per tutte le donne
  • Miriam Leone, miss Italia e mamma emozionata
  • Antonella Clerici che, ricordiamola, è testimonial pubblicitaria con l’iconico “buona spesa Italia” (ovviamente è anche lei mamma)
  • Bambini prodigio ovunque
  • Saluti a figli e figlie di ospiti, co-conduttori e co-conduttrici presenti in platea o a casa
  • Kessisoglu con la figlia
  • Canzoni su temi sociali: non pervenute (unico debole accenno Willy Peyote con le sue “manganellate nelle piazze”, una specie di mosca bianca che farei rientrare tranquillamente nell’ambito della policy “no polemiche”)
  • Nella top 5 della finale, due canzoni parlano di famiglia: quella di Cristicchi, premiata anche dalla sala stampa Lucio Dalla e con il premio Giancarlo Bigazzi; quella di Brunori, che riceve il premio Sergio Braidotti per il miglior testo.
  • L’altra canzone, vincitrice fuori gara del Festival, ovvero la sigla “Tutta l’Italia”, che recita “Spaghetti, vino e padre nostro” (qui trovi un articolo sulla vicenda “Tutta l’Italia di Gabry Ponte al San Marino Song Contest e all’Eurovision)
  • Carlo Conti che in conferenza stampa si commuove parlando della mamma, che l’ha cresciuto da sola.
  • La top 5 tutta maschia (sì, lo so che è capitato anche nel 2023, però è giusto ricordare che quell’anno vinceva Mengoni – ok, su questo punto volevo solo fare ironia, sorry – di fatti, Marta Donà ha vinto)
  • Conti che lascia intendere che i cantanti/i brani stranieri non sono meglio di quelli italiani nella serata duetti
  • I continui ringraziamenti alle forze dell’ordine
  • Il premio alla carriera a Iva Zanicchi e a Antonello Venditti
  • L’abolizione dei monologhi
  • Le co-conduttrici puntualmente redarguite (Katya Follesa e Alessia Marcuzzi su tutte)
  • Le ospiti femminili che sono, prima di ogni altra cosa, bellissime (mi pare che sia stato detto anche di Malgioglio, ma di Cucciari forse no).
 
Dopo questo elenco, proviamo a concentrarci per davvero sulle cose buone. Per esempio, Lucio Corsi sembra una cosa buona, vero?

4. Lucio Corsi: il “Bug nel Sistema”

Se Olly ha vinto il Festival di Sanremo 2025, la vera rivelazione di questa edizione, ammettiamolo, è stata Lucio Corsi. Ce ne accorgiamo da tante cose, ma da due in particolare: la prima è che l’unica foto che zia Mara pubblica sul suo Instagram durante tutta la puntata speciale di Domenica In del 16 febbraio è quella con il cantautore toscano e la sua cricca (un post che viene pubblicato durante la diretta televisiva, e che sembra aver fatto più engagement di qualsiasi altro contenuto pubblicato sui canali ufficiali del Festival nei cinque giorni della gara); la seconda è che Lucio Corsi è il primo cantante del Festival invitato a Che Tempo Che Fa da Fazio, non appena terminato il festival.

Ma chi è Lucio Corsi? Quest’uomo dal “viso sporco” in un Festival in cui hanno “ripulito” perfino Achille Lauro e Tony Effe? Un alieno, un outsider (qualcuno direbbe un “underdog”) che viene direttamente dal “Far West maremmano”, come lui ama dire, e di certo un artista su cui nessuno avrebbe puntato un centesimo prima della prima serata del Festival (molti neanche lo conoscevano, qualcuno l’aveva visto in “Vita da Carlo”, ah che straordinaria coincidenza onomastica – i Carlo gli portano proprio bene). Non ha il peso dei favoriti, non ha il clamore dei nomi annunciati a gran voce. È come un bug, un errore di codice, qualcosa che si insinua pian piano nel sistema per poi scardinarlo. Complici la sua apparente distanza dall’immaginario sanremese tradizionale (la sua sembra una presenza quasi dissonante in questo “Festival della Restaurazione”, per esempio non è seguito da nessuno stylist, si crea i suoi look strambi da solo con vestiti già usati in altre performance, non prende il taxi per andare all’Ariston, ma ci arriva a piedi e lo veniamo a sapere da reel che vanno puntualmente virali) e la poetica performance con Topo Gigio durante la serata cover (dove ha portato sul palco l’inno italiano nel mondo, “Volare”), alla fine del Festival tutti sono conquistati, tutti sono rapiti da Lucio.

Ci sono due parole specifiche con cui il cantante viene descritto dalla stampa, sui social, ovunque: Lucio non è apprezzato solo perché è un bravo cantautore, Lucio è anche e soprattutto “gentile” ed “educato”. La sua canzone, poi, parla per lui: “volevo essere un duro, ma non sono altro che Lucio”.

Oltre al video delle patatine infilate nelle spalline dell’abito di scena, è virale sui social un’altra clip molto esemplificativa del suo personaggio: una persona per strada gli offre delle chiacchiere e lui non sa fare a meno di sdebitarsi. Sembra cercare in tasca qualche spicciolo che si accorge di non avere, e allora offre al generoso passante una spilla togliendola dal suo cappello. Lucio è proprio un bravo ragazzo, insomma. Qualcuno della cui bontà d’animo nessuno dubiterebbe, qualcuno che tutto questo successo inaspettato al Festival se lo merita eccome.

Lucio è proprio così: una figura di certo alternativa, ma semplice, pacifica, che non disturba, non polarizzante, che non crea polemiche e non genera dibattito. Ditemi se avete letto da qualche parte che Corsi non meritava quel secondo posto. Ditemi se si poteva davvero essere scontenti di un suo potenziale primo posto. Impossibile. Lui è la prova che sì, tutto può succedere, e sì, puoi realizzare i tuoi sogni pur rimanendo te stesso, e perfino arrivare a sfiorare la vittoria a Sanremo partendo da sfavorito, ma che dico, da quasi totale sconosciuto sulla scena mainstream…a patto che tu sia gentile, rispettoso, educato. Insomma, Lucio insegna a tutti che non serve dare fastidio per farsi sentire e per arrivare in alto. Vi chiederete: ma questa dove vuole arrivare?

Bene. Osservate bene l’immagine e la comunicazione del cantante, e ditemi se non vi ricorda almeno un po’ l’impostazione comunicativa dell’intero Festival di Sanremo 2025: una narrazione improntata alla rassicurazione, all’abolizione della provocazione e al contenimento del rischio. Una comunicazione che cerca il consenso generale evitando lo scontro, che unisce (e appiattisce) allo stesso tempo (dirà Cristicchi a Festival terminato “il mio brano piace sia a Giorgia che a Elly”). Lo ha detto lo stesso amministratore delegato Rai, Giampaolo Rossi: “Questo Festival è tornato a essere una festa, unisce e non più divide”. Lo stesso Conti ha aperto il Festival ricordando Ezio Bosso e le sue parole che gli hanno ispirato il tema del Festival: “insieme”. Non scordiamoci, poi, chi Conti ha chiamato come compagni di viaggio: Nino Frassica (volto di Nove e recentemente anche di Mediaset), Paolo Kessisoglu (volto di La 7), Gerry Scotti (volto di Mediaset), e Cattelan (volto di Sky), ad esempio. Tutti “insieme” appassionatamente.

Quella intorno a Sanremo 2025 è stata una narrazione rasserenante e pacificante (la figura onnipresente della “madre” già dice tutto e non può non ricordarmi una certa hit virale tratta da un comizio), orientata a evitare la polemica e a emozionare, come abbiamo già detto, e soprattutto a mettere d’accordo tutti, proprio come fa il personaggio di Lucio. Che ha un po’ anche quell’innocenza “infantile” (vedi Topo Gigio, vedi la scarpa con la scritta “Andy” tratta da “Toy Story”, vedi il continuo riferimento alla dimensione del sogno e della fantasia) che non stona così tanto con il quadro generale della comunicazione festivaliera. In ogni caso, non c’è proprio spazio per il dissenso. Siamo tutti con Lucio, come si potrebbe non esserlo?

A me Lucio piace. L’avrei preferito al primo posto rispetto a Olly. Ma non posso fare a meno di notare nel suo exploit (N.B. ha almeno decuplicato i suoi follower su Instagram in poco meno di una settimana) una curiosa e insospettabile allegoria di quello che questo Sanremo 2025 è stato a livello di scelte comunicative: una coperta di Linus che ci ha avvolti in un’atmosfera di buone maniere, al riparo da ogni attrito (e pure dalla trap di Tony Effe, che non si presenta manco da zia Mara).

Insomma, Lucio, con la sua rivoluzione gentile e con il suo stile decisamente sopra le righe, viene dal “lontano occidente” maremmano per approdare a Sanremo, e vincerlo quasi. E infatti non l’abbiamo visto arrivare. Proprio per questo ci ha colti di sorpresa, e al contempo, forse, distratti da tutto il resto.

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