“Tutta l'Italia”: All'Eurovision Lasciateci Votare lo Stereotipo Che Ci Piace

C’è un principio sacrosanto in Italia, e ancor più santo da quando ci sono di mezzo “Sanremo” e “San Marino”: i luoghi comuni che ci riguardano vanno anche bene, ma solo quando li usiamo noi. Se a farlo è qualcun altro, allora diventano offensivi, riduttivi, inaccettabili. L’ultima saga che ha visto protagonisti Gabry Ponte, Tommy Cash, le due rassegne canore nostrane e l’Eurovision non fa che confermare questa regola non scritta.

Ma cosa potrebbe esserci dietro questo ruolo “ballerino” degli stereotipi, che a volte li odiamo, e a volte addirittura ne facciamo un inno nazionale?

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Il Caso "Tutta l'Italia": La Vincitrice Ufficiosa Di Sanremo 2025

Facciamo un attimo rewind per contestualizzare il tutto. Gabry Ponte, nome iconico della dance italiana, presenta a Sanremo 2025 il suo pezzo, “Tutta l’Italia”.

La canzone, però, non viene ammessa in gara ufficiale perché non si riesce a trovare un interprete adatto. Poco male: Carlo Conti, direttore artistico del Festival, decide di farne la sigla ufficiale di Sanremo. Risultato? “Tutta l’Italia” è una delle canzoni più ascoltate e cantate del Festival. Anche perché, diciamocelo, è perfettamente in linea con la narrativa nazional-popolare in stile “Dio, patria e famiglia” delle cinque serate sanremesi.

Le sonorità sono quelle della classica tarantella da “pizza e mandolino”, e il testo è un tripudio di stereotipi: spaghetti, vino, padre nostro, la moda, il calcio. Ma Gabry spiega: “è tutta ironia, sono solo immagini, e io poi le uso fin da Figli di Pitagora, quando dicevo che l’Italia è patria di boss, giuro, solo ironia”. Ve la immaginate la sigla di Sanremo 2004, se fosse mai stata: “Siamo cresciuti con una morale cattolica e con il rock’n’roll?”.

La "Provocazione" Di Tommy Cash: Quando Gli Stereotipi Li Usano Gli Altri

Mentre Gabry Ponte viene osannato per il suo inno all’italianità, dall’Estonia arriva Tommy Cash con la sua canzone per l’Eurovision: “Espresso Macchiato”. Brano che gioca con più o meno lo stesso tipo di stereotipi presenti in “Tutta l’Italia” (ci sono sempre gli spaghetti, abbiamo anche il caffè, magari, quello sul “sudare come un mafioso” ci fa sussultare un attimo in più ma a me sembra un rimpiazzo coerente al padre nostro).

La reazione? Un’ondata di indignazione in Italia: il Codacons chiede addirittura l’esclusione della canzone dall’Eurovision, sostenendo che insulta l’identità italiana. Politici e opinionisti gridano allo scandalo, parlando di un’offesa inaccettabile alla nostra cultura.

Eppure, basta mettere a confronto i due brani, “Tutta l’Italia” e “Espresso Macchiato”, per notare che l’approccio è simile: entrambi sfruttano la stereotipizzazione per creare un’immagine immediata e riconoscibile dell’Italia. Di fatto, a questo servono gli stereotipi: ad appiattire delle rappresentazioni privandole delle loro complessità, per renderle di facile fruizione per tutti, o in modo che tutti possano riconoscercisi.

E qui viene quasi il dubbio che non sia la rappresentazione a disturbare, ma chi la mette in scena. Se lo facciamo noi, è tradizione o ironia e il Codacons resta muto. Se lo fanno gli altri, “grazie ma no, grazie”, perché è un affronto. Ma a questo punto, perché fermarsi alla musica? Organizziamo pure una task force per controllare chi ha il diritto di dire “mamma mia” nei film. O applichiamo una tassa sulle mani che gesticolano all’estero. Chissà, magari potremmo risolvere il problema del debito pubblico mettendo il copyright sul cliché.

Il San Marino Song Contest: Una Coincidenza Troppo Perfetta

Nel frattempo, “Tutta l’Italia” trova un’altra opportunità: il San Marino Song Contest (ex “Una Voce per San Marino”), un evento semi-sconosciuto che, improvvisamente, diventa il centro dell’attenzione nazionale, approdando nei fatti perfino su Rai Play.

Gabry Ponte si presenta in gara perché dice di “voler portare Tutta l’Italia in Europa” (lo so, sa di disegno egemonico, ma Gabry dice che è solo musica). Vince a mani basse e si qualifica per l’Eurovision.

Durante la conferenza stampa post-contest, vengono fatte alcune dichiarazioni interessanti:

  1. “La canzone è stata premiata non per gusto personale della giuria, ma proprio in ottica Eurovision”. Ah, quindi non era una competizione musicale, ma una selezione strategica. Ottimo, almeno lo dicono chiaro e tondo.
  2. “Questa canzone non rappresenterà forse San Marino, ma rappresenta l’Italia dance della riviera romagnola che balla”. Un modo elegante per dire che incarna l’immaginario dell’Italia Papeete di Salviniana memoria?
  3. Roberto Sergio (AD della RAI, recentemente nominato direttore generale ad interim di San Marino RTV, supervisore della competizione di San Marino e membro della giuria che ne decreta il vincitore) quando gli fanno presente che l’italianità sarà presente sotto più forme all’Eurovision 2025 (infatti non scordiamoci che ci sarà anche Lucio Corsi) si improvvisa capo ultras e invoca un po’ di fischi e di buuu per Tommy Cash.

Il Contesto Più Ampio: La Rai Che Potrebbe Perdere Sanremo

A proposito di Lucio Corsi. In tutta questa storia c’è più di qualcuno che vuole essere un duro, e che infatti, all’Eurovision, farà votare Tutta l’Italia all’Italia, anche se l’Italia non può votare per l’Italia. Se possiamo piegare le regole dell’Eurovision a nostro piacimento, chissà cos’altro potremmo riorganizzare.

Forse anche il palinsesto di una televisione pubblica che, guarda caso, si potrebbe trovare improvvisamente senza il suo gioiello di famiglia: Sanremo.

Il TAR Liguria ha deciso che il Festival dovrà essere assegnato tramite bando aperto, e la RAI, che da sempre ha fatto di Sanremo la vetrina delle proprie narrative, dovrà forse trovare un’alternativa per continuare a orientare il racconto culturale del Paese.

Che poi, con il San Marino Song Contest non c’è neanche il fastidioso inconveniente del televoto popolare a ribaltare i piani. Qui vota solo una giuria di “esperti”.

E allora, tiriamo le fila del discorso. Il San Marino Song Contest smette di essere un simpatico evento di nicchia e diventa improvvisamente rilevante. La canzone decretata vincitrice è un concentrato di stereotipi nazionali, perché gli stereotipi funzionano bene quando c’è una storia da consolidare: sono scorciatoie narrative perfette, immagini semplici e immediate in cui tutti possono riconoscersi senza fare troppi sforzi, ideali da votare “in massa”. E sia mai che Tutta l’Italia finisca per vincere l’Eurovision, o almeno far parlare di sé e andarci molto vicino, proprio perché l’Italia e i milioni di italiani all’estero magari ci si rivedono, la rassegna canora di San Marino acquisirebbe un prestigio mai avuto prima, e il servizio pubblico dimostrerebbe di essere quel duro che Lucio Corsi scansate proprio.

In fondo, se la regia resta sempre la stessa, non importa su quale palco si giochi la partita.

E comunque vi devo dire una cosa: se proprio ce la dovevamo giocare a forza di stereotipi, forse all’Eurovision ci meritavamo l’addio al patriarcato di Checco Zalone.

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